La destinazione era condizionata a precisa volontà. Lo Stato avrebbe
dovuto erigere l’intero patrimonio in Fondazione privata intitolata alla famiglia Rizzi, inamovibile da Sestri Levante e dal palazzo
di Via Cappuccini, di cui la Famiglia aveva curato la costruzione nel 1926.
Scopo preciso: portare al pubblico
godimento l’ingente patrimonio artistico che fa dell’attuale Museo il più importante tra Genova e La Spezia.
L’Avv. Rizzi volle la sua Fondazione amministrata da 7 sestresi di sua fiducia i quali, occorendo, in futuro avrebbero nominato
loro successori persone di loro fiducia. Il Sovrintendente pro-tempore delle Gallerie della Liguria, Consigliere effettivo dell’Ente
e la Prefettura avrebbero avuto diretto controllo della Fondazione.
Giova altresì ricordare che l’Avvocato Rizzi lasciò
al suo Museo anche una considerevole “dote” di immobili nel centro storico di Sestri per il sostentamento della Fondazione che riesce
così a fronteggiare l’ordinaria amministrazione senza dover chiedere contributi ad altri.
Sia pure con molte difficoltà
e incomprensibili silenzi, allo scadere dei 10 anni (che il codice concede al chiamato per l’accettazione), nel luglio 1970
lo Stato accettò tutte le volontà di Marcello Rizzi anche grazie al personale intervento del Ministro della Pubblica Istruzione dell’epoca,
l’onorevole Riccardo Misasi.
Nel frattempo gli esecutori testamentari avevano risolto tutti i problemi emersi, anche
finanziariamente molto onerosi, e la raccolta era divenuta accessibile al pubblico nel 1967 dopo i necessari lavori di adattamento
dei diversi appartamenti in cui era suddiviso il palazzo.
In questa prima sistemazione vennero privilegiati soprattutto
i dipinti che trovarono posto al secondo e al terzo piano dell’edificio mentre il primo rimase escluso dal normale percorso di visita.
L’ordinamento attuale, avviato nel 1990 e completato nel 1996, non ha modificato i criteri espositivi fissati subito
dopo la morte di Marcello Rizzi, ma ha integrato l’esposizione dei dipinti, riordinata secondo più stringenti criteri cronologici,
con l’apertura dell’intero Palazzo, in cui è stato dato spazio agli oggetti che erano rimasti esclusi nella precedente sistemazione.
Diversamente dalle sale del secondo e del terzo piano che hanno totalmente perduto l’aspetto di ambienti domestici, le
stanze del primo piano sono state allestite cercando di restituire, per quanto possibile, l’atmosfera di una ricca casa borghese tra
la fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento.
In questi ambienti, che dall’ingresso si snodano fino alla stanza
da pranzo in cui campeggia un grande tavolo apparecchiato con i servizi di gala, hanno trovato posto le diverse categorie di oggetti
(dipinti, mobili, ceramiche, stipi in legno, stampe, cornici, libri d’arte e quant’altro ) verso cui si rivolse l’interesse collezionistico
della Famiglia Rizzi.
I dipinti che completano l’arredo delle sale al primo piano sono stati disposti tenendo conto unicamente
della loro valenza decorativa e della destinazione d’uso dei vari ambienti; al contrario al secondo e al terzo piano, le opere
sono state sistemate secondo un preciso ordine cronologico e raggruppate per scuole (genovese, lombarda, emiliana, veneta, toscana).
Le sale al secondo piano contengono dipinti e sculture che partendo dal Quattrocento coprono il Cinquecento e la
prima metà del Seicento. Alla seconda metà del Seicento e al Settecento è invece dedicato l’intero terzo piano dove, nei locali
che si aprono dal giardino, sono ospitati anche i depositi e dove trova posto infine una saletta riservata all’esposizione (temporanea
e a rotazione), di disegni e incisioni di cui la Galleria possiede un consistente nucleo (circa 100 disegni e 600 incisioni).
Tra le opere più significative, per il Quattrocento due busti femminili in legno riferibili rispettivamente alla scuola
senese e a quella lucchese, un finissimo frammento con la Pietà di scuola fiamminga e la Madonna con il Bambino attribuita al Pastura;
per il Cinquecento la morte di Euridice riferibile alla scuola di Giulio Romano, la Madonna col Bambino e San Giovannino di
Lelio Orsi, la cuciniera di Vincenzo Campi, una Sacra Conversione e Cristo e l’adultera di scuola veneta e due dipinti di Denis Calvaert
(un piccolo rame con la Madonna, il Bambino e Santi datato 1586 e una presentazione al tempio datata 1614); per il Seicento di particolare
interesse le Opere Genovesi (Cristo spogliato dai carnefici di Simone Barabino,
matrimonio mistico di Santa Caterina di Andrea Ansaldo,
Marta e Maria di Giovanni Andrea De Ferrari, ritratto di gentiluomo di Rinaldo Carboni, martirio di San Bartolomeo, vicino a Gioacchino
Assereto); ma significativi anche i dipinti toscani (ritratto di giovinetta di Francesco Furini, diversi ritratti di Giusto Sustermann
e della sua scuola, Giuditta e Oloferne di Carlo Dolci) . Per il Settecento da segnalare la Crocifissione di Domenico Parodi, l’Andata
al Calvario di Alessandro Magnasco, la morte di Leandro di Sebastiano Ricci, il Ratto di Europa di Corrado Giaquinto) e 3 tele di
Felice Boselli ( due nature morte con pesce e crostacei e una bottega di macellaio).
Tra gli oggeti di particolare rilievo
alcuni stipi in legno intarsiato del Seicento , un cassettone lombardo del Settecento e due cassettoni di Giuseppe Maggiolini.